Sebbene il piano Trump abbia fermato l’avanzata dell’esercito israeliano a Gaza City che avrebbe accelerato il genocidio dei palestinesi (come definito dalla Commissione d’inchiesta indipendente delle Nazioni Unite sulla situazione a Gaza il 16 settembre scorso), sebbene Hamas abbia liberato gli ultimi ostaggi ancora vivi catturati in quel tragico 7 ottobre e si sia impegnato a cercare e a restituire le salme di altri 48, sebbene quel piano preveda lo sblocco di tutti gli aiuti umanitari necessari a salvare la vita dei superstiti palestinesi, sebbene l’assetto politico futuro di Gaza, seppur molto fumoso e con scarsa governance palestinese, preveda la garanzia dell’intervento di forze internazionali e degli stati che l’hanno sottoscritto (Turchia, Egitto, Qatar), ad oggi:
- continuano le uccisioni dei civili da parte dell’IDF (seppure in numero molto più limitato),
- il governo israeliano minaccia di riprendere l’avanzata qualora Hamas non deponga le armi o non
consegni tutte le salme degli ostaggi, - gli aiuti umanitari sono stati sbloccati solo parzialmente, con conseguenze tragiche su chi è malnutrito o ferito e viene attaccata la Corte dell’Aia perché critica Israele per non lasciare che l’UNRWA distribuisca altri aiuti,
- continua a concretizzarsi l’illegale annessione della Cisgiordania da parte di Israele (che proprio ieri
ha votato una risoluzione nella Knesset).
Per tutto questo non si può accettare l’allontanamento dei riflettori dei mass media dalla Palestina che consente che il “lavoro” iniziato dopo il 7 ottobre – che addirittura il governo israeliano adesso chiama “guerra di redenzione” – venga completato in forme più subdole.
Ciò significherebbe che di crimini di guerra come l’uccisione di una famiglia di 11 persone a bordo di un minibus avvenuta pochi giorni fa non se ne sappia più nulla, significherebbe che l’ipotesi di uno stato palestinese e, in generale, le risoluzioni dell’ONU vengano del tutto vanificate e quindi si possa aprire una qualunque strada a guerre future che incombono anche su di noi.
Per questo continueremo a scendere in piazza del plebiscito, il mercoledì e il sabato alle 18, continueremo a essere un presidio che racconta quanto avviene in Palestina e auspica una pace giusta nell’interesse dei palestinesi e del mondo intero.
Il Tavolo per la pace
