
Andrea Pascucci ricorda Alfio Pannega
Ho conosciuto il centro sociale nel 1995 all’età di 16 anni in un periodo della mia vita particolarmente difficile a causa di episodi di bullismo che subivo da diverso tempo da quelli che in quel periodo ritenevo fossero miei amici. È proprio in questo buio periodo che al centro sociale ho trovato amicizia, comprensione, empatia e senso di appartenenza.
Il centro sociale mi ha ispirato nelle scelte fondamentali che ho fatto per la mia crescita personale (etica e morale) e professionale e per questo sarò sempre grato a tutte le persone che ho incontrato in quegli anni. Le tante iniziative musicali e culturali che si sono susseguite in quegli anni mi hanno insegnato moltissimo riguardo la progettazione, la programmazione e l’organizzazione di eventi che poi per mio conto ho potuto rimembrare.
E poi a proposito di ispirazione: l’orto di Alfio (e non solo quello). Purtroppo mio nonno che era un agricoltore diretto, morì troppo presto per poter condividere con me le sue tante competenze e la sua saggezza. Faceva parte di una famiglia molto povera, fu spedito in Yugoslavia a combattere una guerra che non voleva fare e che poi disertò, ma che lo segnò come tutti quelli che vi parteciparono. Tuttavia ebbi al centro sociale la possibilità di fare un piccolo orto ed un pollaio in ricordo di quello che avevo visto fare dai miei cari nonni, dando inoltre un concreto (seppur piccolo) contributo a chi al centro sociale ci viveva (qualche uovo, qualche ortaggio e una fantastica conserva di passata di pomodoro). Alfio faceva il suo orto ed io il mio, ma ricordo con grande tenerezza le tante chiacchiere in quei momenti di vicinanza fisica e morale con quello che era diventato il nonno che non avevo più.
Alfio fino a quando non lo conobbi personalmente al centro sociale era per me un pover’uomo ai margini della società denigrato e sbeffeggiato da chi pensava di essere meglio di lui. Ma in pochissimo tempo diventò per me un amico, un compagno, un punto di riferimento di cui parlare anche in famiglia, tranquillizzando chi (anche giustamente) si preoccupava per quel ragazzino che a 16 anni aveva mollato i vecchi “amici” per andare in un posto visto da tutti con sospetto e pregiudizio.
Alfio con gli altri era magico perché sapeva accogliere le differenze rimanendo se stesso, virtù dei grandi e di chi disconosce la meschinità della sopraffazione.
Uno dei ricordi più belli che ho di Alfio e che rimarrà scolpito per sempre nel mio cuore, fu quando in uno dei suoi ultimi meravigliosi compleanni, durante la festa mentre salutava e abbracciava le tante persone che lo erano venute a festeggiare, lasciò senza guardare tra le mie mani e quelle di Alessandra (cugina di Mario Onofri) forse un regalo o comunque qualcosa di prezioso (non ricordo cosa) con una fiducia che io ed Alessandra forse non avremmo avuto, perché un attimo dopo in lacrime di dolcezza capimmo ancora una volta quanto era grande Alfio e quanta fiducia e speranza riponeva nel Prossimo.
Un insegnamento che faccio fatica ad assimilare ma che porto dentro di me come esempio di grande umanità.
Grazie Alfio.
Andrea Pascucci