
Quel che sta accadendo nella provincia viterbese è drammatico e al pari tempo scandaloso. La grandissima maggioranza dei nostri produttori di nocciole è in una situazione critica. Sono ormai anni – per la siccità, per la gelata tardiva, per la variabilità meteorologica, per la cimice asiatica – che la produzione della nocciola è vicina allo zero.
Il Biodistretto della Via Amerina che negli anni dell’abbondanza ha discusso con energia con i produttori sulla necessità della diversificazione, sulla sostenibilità dei sistemi di produzione e sulla trasformazione della materia prima, oggi è vicino e solidale con gli agricoltori, ne condivide le grandi preoccupazioni, con loro s’interroga sul che fare e sul come fronteggiare un’emergenza che rischia di essere letale.
In questo momento drammatico troviamo inaccettabile la passività delle istituzioni. La Tuscia è il primo polo di produzione in Italia della nocciola, un’eccellenza della quale molti in passato si sono fatti vanto. Dove sono tutti costoro? Perché non ascoltano il grido dei nostri agricoltori, quando chiedono sostegno e aiuto alle istituzioni per affrontare un’emergenza che rischia di compromettere il futuro di tanta parte della nostra agricoltura?
E sarebbe bene che il mondo politico e istituzionale inizi a riflettere sulle ingenti risorse che sarà necessario mobilitare per affrontare alla radice il grande problema del cambiamento climatico, se si vuole evitare la crisi permanente, l’abbandono delle campagne e il disastro sociale.
Ma ciò che rappresenta un vero scandalo è la latitanza e il silenzio della Ferrero.
La società il cui presidente è l’uomo più ricco d’Italia, che ha usato e abusato, anche, del nostro territorio per costruire le sue fortune economiche, che ha sfruttato oltre ogni limite le nostre risorse naturali e umane per perseguire i suoi obiettivi. Una società che non ha detto una parola sulla possibilità che 95 mila metri cubi di scorie nucleari possano arrivare nel nostro territorio. Una società che nei momenti di difficoltà non ha mai mostrato un sentimento di responsabilità e di riconoscenza per quanti hanno contribuito alla sua ricchezza. Al contrario manifesta un cinismo che tanto tempo fa era proprio dei padroni delle ferriere e che oggi distingue il comportamento di questa, come di altre multinazionali.
E sarebbe bene che quanti del nostro territorio hanno lucrato sostenendo e imitando logiche e comportamenti della Ferrero facciano una seria riflessione.
Noi ci sentiamo parte del destino dei nostri produttori, con loro siamo impegnati a riflettere sul futuro della nostra agricoltura e a ragionare su una strategia capace di coniugare biodiversità, sostenibilità e qualità della produzione proprio per riaffermare la vocazione agricola della nostra terra.
Biodistretto della Via Amerina e delle Forre